La grande paura di Hitler - Processo all’arte degenerata
Redazione Art-Vibes | On 02, Ott 2025
Dopo il successo della grande mostra del Musée Picasso di Parigi arriva nelle sale dal 3 al 5 novembre come evento speciale al cinema il nuovo docu-film che racconta la guerra del nazismo contro l’arte moderna. Perché, ieri come oggi, creatività e pensiero critico sono la linfa vitale della democrazia.
di Redazione Art Vibes
– Picture: Ernst Ludwig Kirchner – Berliner, Straßenszene, 1913.
Arriverà nelle sale come evento speciale solo il 3, 4, 5 novembre LA GRANDE PAURA DI HITLER – PROCESSO ALL’ARTE DEGENERATA, il film diretto da Simona Risi, su soggetto di Didi Gnocchi che firma la sceneggiatura con Sabina Fedeli e Arianna Marelli e con la voce narrante di Claudia Catani, prodotto da 3D Produzioni e distribuito in esclusiva da Nexo Studios. Le prevendite apriranno a partire dall’8 ottobre e l’elenco delle sale sarà a breve disponibile su nexostudios.it.
A partire dalla mostra “Arte degenerata” organizzata nel 2025 dal Musée Picasso di Parigi, il documentario ricostruisce e racconta l’esposizione organizzata dal regime nazista a Monaco nel 1937, destinata a denigrare e condannare l’arte moderna, bollata come “degenerata”.
Fu il culmine di una campagna che voleva cancellare per sempre artisti come Henri Matisse, Max Beckmann, Vincent Van Gogh, Otto Dix, Marc Chagall, Pablo Picasso, Amedeo Modigliani.
Le loro opere vennero ritirate dai musei tedeschi, distrutte, vendute o esposte in “mostre degli orrori”. Il documentario ricostruisce per la prima volta l’asta del 30 giugno 1939 che si svolse alla Galleria Fischer di Lucerna, in Svizzera. Vennero venduti molti dei capolavori “degenerati” e l’incasso finì nelle casse naziste.

Monaco, Mostra Entartete Kunst, 1937
LA GRANDE PAURA DI HITLER – PROCESSO ALL’ARTE DEGENERATA presentando le opere dell’esposizione parigina ricostruisce le radici che portarono alla campagna contro le avanguardie. Quella del nazismo non fu infatti solo un feroce attacco alle arti visive, ma anche alla musica (jazz e atonalità), all’architettura (funzionalismo, Bauhaus) e alla letteratura (opere moderniste e critiche verso il regime).
Attraverso materiali d’archivio, testimonianze dei curatori della mostra di Parigi, studiosi e storici, il documentario esplora le motivazioni politiche e sociali che spinsero Hitler e Goebbels a dichiarare guerra a molte forme di cultura contraria al regime.
E racconta il destino, spesso tragico, degli artisti ‘degenerati’ e dei loro capolavori. Ma come può l’arte essere considerata una minaccia? Questo documentario porta a riflettere su quanto l’arte e il pensiero critico restino ancora oggi strumenti di resistenza al pensiero unico e a difesa della democrazia.

Monaco, Mostra Entartete Kunst, 1937
L’ostilità del nazismo verso la modernità veniva da lontano e aveva radici nel nazionalismo e nell’idea di ordine e di purezza della razza. Le avanguardie, invece, puntavano alla contaminazione, alla sperimentazione, alla rottura delle convenzioni. Non ritraevano eroi, superuomini o paesaggi rurali come richiesto dalla retorica nazista, ma le ansie e le paure dell’uomo del ‘900.
I soggetti delle loro opere erano le città caotiche, i mutilati della grande guerra, le prostitute, gli omosessuali, la vita vera, con inquietudini e contrasti. Il contrario dello stereotipo razzista della bellezza basato sulla classicità e il decoro. Un’estetica pericolosa, in grado di infettare i valori della società tedesca.
D’altronde, le teorie mediche, elaborate già dall’800 in una logica biologistica, additavano l’artista moderno come portatore di decadenza fisica e morale, spesso identificato con il malato di mente, il bolscevico, l’ebreo, l’omosessuale, il diverso. Il 1933, anno della presa del potere di Hitler e delle prime esposizioni di arte “degenerata”, fu anche quello in cui si inaugurarono le misure antiebraiche e la legge per la sterilizzazione forzata di malati e fragili.
Il Führer che nel “Mein Kampf” condannava il dadaismo, unico movimento d’avanguardia citato nel suo libro-manifesto, nel ’37 parlerà di “epurazione“. Il fumo dei roghi che bruciavano quadri, libri e spartiti da anni era già alto nei cieli del Terzo Reich. Come disse lo scrittore tedesco Heinrich Heine, prima o poi “là dove si bruciano i libri si finisce per bruciare gli uomini”.
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